Abete su curve chiuse: “Problema non è norma, ma comportamenti”
mercoledì 19 febbraio 2014
No alla libertà di insulto negli stadi: il vero problema non sono l'impianto normativo e le sanzioni - sui quali è legittimo confrontarsi e discutere - ma i comportamenti di una parte del pubblico. Si concentra l'attenzione sulle tecnicalità della norma e si perde di vista la responsabilità di chi si ritiene libero di offendere e insultare.
Abete interviene sulle polemiche di queste settimane a proposito delle decisioni della Giustizia sportiva in tema di cori razzisti o discriminazione territoriale, una fattispecie prevista da sempre e sulla quale è partito dalla Uefa un giro di vite.
In occasione della cerimonia per l'arrivo a Roma della Coppa del Mondo, il presidente della Figc ha risposto alle domande dei giornalisti: “Se passasse il concetto secondo cui questa realtà viene depotenziata in termini sanzionatori - ha detto Abete - assisteremmo tutte le domeniche a una libertà di insulto generalizzata, una dimensione che ha interessato alcune grandi tifoserie, ma non si è manifestata in tanti club professionistici che non hanno avuto questo tipo di problemi. Il contrasto è più di carattere sociologico che normativo. Il cuore del problema - ha proseguito Abete, intervenendo dopo le polemiche per la chiusura delle curve della Roma - sono i comportamenti da tollerare oppure no all'interno di uno stadio. C'è una pluralità di persone che ritiene sia legittimo insultare e che questa situazione sia normale allo stadio. Il confronto è su questi temi, non sul fatto se la sanzione è più o meno grave. Quella è una riflessione che si può fare; il cuore del problema non è il tipo di sanzione erogata, bensì la qualità dei comportamenti che devono essere tollerati o meno all'interno dello stadio”.