#EqualGame, Abubacarr Konta: “Il calcio è la mia vita”. UEFA e FIGC insieme per l’integrazione
martedì 16 gennaio 2018
L'adolescenza è un periodo difficile per dire addio alle proprie radici. Per il 16enne Abubacarr Konta, però, è stato proprio quello il momento per iniziare un grande viaggio che lo ha portato verso una nuova vita, dopo aver lasciato il Gambia per emigrare in Europa. Avendo perso i genitori alcuni anni prima, Abu non aveva l'aiuto della famiglia e altre comodità. La vita era diventata difficile senza l'amore dei genitori, e quindi ha deciso di cercare altrove nuove sicurezze. Tutto ciò ha portato sacrifici e al dover dire addio a tante persone amate per iniziare un difficile cammino verso una nuova esistenza in Sicilia. Il suo amore per il calcio, il suo entusiasmo verso questo sport e le amicizie formate grazie al calcio si stanno rivelando delle fondamenta essenziali mentre il giovane migrante si sta pian piano costruendo un futuro brillante.
Il viaggio di Abu verso il futuro è iniziato il 2 febbraio del 2016, insieme a degli amici. “Ho lasciato il Gambia per il Senegal - ricorda - Il giorno della partenza molti miei amici mi dicevano di non andare. Ho pianto. Ma sentivo di dover andare". Il suo percorso lo ha visto passare per il deserto del Sahara. “Ho trascorso due settimane in Senegal, e poi sono stato per tre settimane in Mali. Sono passato per Burkina Faso e Niger per poi arrivare in Libia, dove sono rimasto per tre mesi”.
Come per tantissimi altri migranti provenienti dall'Africa, la Libia è stata il punto di partenza per attraversare il Mar Mediterraneo con direzione Italia. Una traversata che può essere davvero pericolosa, in questo caso si è rivelata tragica. “Io e i miei amici eravamo sulla stessa barca”, Abu ricorda. “Ma c'era una falla . Non eravamo seduti tutti vicini, la barca ha iniziato ad imbarcare acqua dove c'erano i miei amici. Uno di loro è caduto in acqua con altre persone che erano sedute vicino a lui. Ha gridato il mio nome, ma io non ho potuto fare niente perché dovevo salvare me stesso. Sono annegati".
Abu ha poi raggiunto la Sicilia – aveva solo una maglietta e un paio di pantaloncini. “Non avevo nemmeno le scarpe", racconta. I primi passi della sua nuova vita li ha mossi a Messina, prima di venire riallocato al centro SPRAR di Giammoro, sulla costa settentrionale della Sicilia. Il centro ospita un piccolo gruppo di ragazzi tra i 15 e i 18 anni, che frequentano lezioni di italiano e imparano lavori manuali. I coordinatori del centro svolgono il ruolo di mentori e Abu si è presto abituato al calore e alla sicurezza del nuovo ambiente. “Qui sono tutti molto gentili con me" - enfatizza.
Abu pianta e innaffia piante, e cucina durante l'orario di lavoro. Ma c'è anche tempo per giocare a calcio, una grande passione che coltiva sin dall'infanzia. In campo ha talento: "Sono felice quando gioco a calcio. Amo il calcio”, dice. I ragazzi del centro SPRAR giocano su un campo vicino Milazzo, e il calcio ha aiutato a forgiare la loro amicizia. “Il calcio ci ha uniti e ci ha trasformati in una famiglia”, Abu riflette. “Siamo sempre pronti ad aiutarci l'uno con l'altro”.
Lui, come giocatore, si ispira a Xabi Alonso, il centrocampista spagnolo che si è ritirato recentemente dopo aver giocato per squadre come Real Madrid, Bayern Monaco e Liverpool, oltre ad aver collezionato 114 presenze con la sua nazionale. “Mi piaceva il suo modo di giocare - spiega Abu -. Quando ero in Gambia, la gente mi chiamava Alonso…”
Abu ha grande rispetto per i siciliani. La bontà della cucina italiana ha aiutato l'integrazione, e le uscite nei ristoranti locali hanno fatto nascere una vera passione per pizza e pasta. “Sono grato alla popolazione siciliana. Hanno cambiato la mia vita e la situazione che dovevo affrontare ogni giorno. Se non mi avessero aiutato, avrei potuto essere morto adesso. Mi hanno portato vestiti e scarpe, e mi hanno trovato un lavoro".
“Questa storia spiega chiaramente come il calcio possa essere uno strumento importante per l'integrazione dei migranti in Europa", ha detto il Presidente UEFA Aleksander Ceferin. “Sono felice che questo progetto in Sicilia, sostenuto dalla FIGC, stia aiutando giovani migranti africani ad integrarsi alla cultura e alla società europea".
La Federcalcio ha fatto la sua parte per aiutare giovani come Abubacarr. Sostiene infatti un progetto dedicato allo sviluppo del potenziale di giovani in difficoltà attraverso una campagna costruita intorno al calcio che cerca di potenziare i valori che può portare alla società.
“La FIGC vuole avere un ruolo attivo e pro-attivo nella campagna UEFA #EqualGame grazie al progetto “Rete!”, che è stato sviluppato negli ultimi tre anni con una serie di iniziative sul campo volte all'integrazione e all'inclusione di oltre 500 minori non accompagnati ospitati in campi di accoglienza in Italia", ha detto il Direttore Generale della FIGC, Michele Uva.
Le ambizioni di Abu sono chiarissime. “Voglio lavorare duramente e occuparmi della mia famiglia", spiega pensando a fratelli e sorelle rimasti in Gambia, con cui resta in contatto con telefonate giornaliere. “Sono giovane e posso fare ancora di più in futuro".
E chi lo sa? Forse un giorno ci sarà anche una carriera nel calcio. “Il calcio è la mia vita - spiega -. Il calcio unisce le persone – è ciò che più amo di questo sport".
Ogni mese, nell'ambito della campagna #EqualGame, la UEFA punta i riflettori su un giocatore delle 55 federazioni affiliate. Una persona che sarà un esempio di come disabilità, religione, orientamento sessuale, razza e background sociale non siano barriere per giocare e godersi il calcio.