‘Europa, calcio e rifugiati’.Fiona May: "Non ha importanza da dove veniamo, conta il futuro"
lunedì 13 febbraio 2017
"Come FIGC stiamo cercando di dare risposte concrete al fenomeno dell'immigrazione di massa in varie forme, soprattutto attraverso il ‘Progetto Rete’, dedicato ai minori non accompagnati. Perché, come dico alle mie figlie, non ha importanza da dove veniamo, ma conta solo il futuro". La Responsabile della Commissione per l’integrazione FIGC, Fiona May, è stata tra i relatori istituzionali della Tavola rotonda ‘Europa, Calcio e Rifugiati – Regole ed esperienze di inclusione sociale attraverso il gioco’, organizzata dal FARE Network a Roma presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. All’incontro erano presenti tra gli altri, in qualità di rappresentanti istituzionali, Patrick Gasser (Responsabile dell’Unità Social Responsibility UEFA), l’On. Filippo Fossati (Camera dei Deputati), oltre a Piara Powar e Raffaella Chiodo Karpinsky (FARE – Football Against Racism Europe Network).
Obiettivo dell'incontro quello di facilitare, attraverso la condivisione di esperienze e sulla base degli ordinamenti vigenti, l'integrazione dei rifugiati mediante il gioco del calcio; un modo per aiutare chi arriva nel territorio europeo dalle aree più svantaggiate del pianeta, soprattutto minori, chiedendo protezione e asilo. Una istanza che non sempre si coniuga con le normative in vigore. "I problemi di inclusione riguardano in particolare le norme e procedure di tesseramento, con particolare riferimento agli extracomunitari - sottolinea il sociologo Mauro Valeri dell'Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni del Ministero dell'Interno (UNAR) - ma anche episodi di razzismo emersi di recente nel calcio giovanile. L'UNAR ha in tal senso intrapreso un percorso propositivo su più punti: fornire le buone prassi, facilitando i soggetti che hanno favorito azioni di integrazione attraverso la pratica sportiva; stimolare gli stessi a svolgere attività di mediazione sul territorio, soprattutto in quelle aree maggiormente interessate dal fenomeno degli arrivi".
L'effettiva opportunità di inclusione dei soggetti richiedenti asilo si scontra con le normative vigenti sia a livello sportivo, volte a prevenire fenomeni speculativi come la tratta di giovani calciatori, che giuridico nei differenti Paesi interessati dal fenomeno. "Le azioni promosse da FARE Network vertono principalmente sul cercare di aggiornare i regolamenti sportivi, in ambito FIFA relativamente alle norme sul tesseramento, ma anche alle regole di cittadinanza che non sono stabilite sulla base dello Ius Soli" afferma il responsabile, PiaraPowar.
"In materia di tesseramento, le norme federali (NOIF, art.44) non possono che attenersi alle normative FIFA che regolamentano tale materia e, in particolare, in materia di trasferimento da altra federazione" - ricorda Ilaria Pasqui, Responsabile Ufficio Legale dell'Assocalciatori - "Sussistono poi dei vincoli temporali, regolamentati in base allo status dei calciatori, oltre che dei vincoli per il tesseramento di calciatori extracomunitari. Questi ultimi, qualora non professionisti provenienti da svincolo, vengono equiparati ai calciatori italiani relativamente ai vincoli temporali. Per i minori non accompagnati, la FIGC non ha l’autorità di decidere su eventuali richieste di tesseramento e deve rinviare direttamente la decisione alla Sottocommissione FIFA, che normalmente rigetta tali richieste in base all'art.19. Per i minori stranieri nati in Italia, la recente introduzione del cosiddetto 'Ius Soli sportivo', equipara di fatto questi giovani ai minori italiani".
La necessità del rispetto dei differenti ordinamenti è stato sottolineato chiaramente dall'On. Fossati, che ha ricordato come "molto sia stato fatto sotto il profilo giuridico. Ma nel rispetto dell'autonomia dello sport, non è possibile intervenire in tal senso", auspicando un tavolo di confronto che possa recepire le istanze provenienti dalla società civile per trovare una sintesi nel rispetto delle rispettive prerogative.
"Le leggi vigenti interessano tutte le federazioni calcistiche afferenti alla UEFA e queste tematiche vengono discusse in ambito calcistico con l'intento di trovare delle soluzioni" - afferma Patrick Gasser, Responsabile dello UEFA Social Responsibility Unit - "L'indirizzo è di stimolare investimenti in progetti di responsabilità sociale perché crediamo, in questo caso, nell'importanza dell'accoglienza e della possibilità di poter partecipare in un contesto di competizioni".
Uno scenario certamente complesso proprio per la vastità delle sue dimensioni e dell'ambito cui afferisce: "Nelle 55 federazioni membro ci sono visioni molto diverse, e soluzioni condivise vanno ricercate con coraggio e umiltà, lavorando insieme - conclude Fiona May - "Vengo dall'Olimpismo, lo sport è per tutti: l'unica differenza che esiste è il colore delle medaglie e il mio obiettivo è portare questa visione anche nel calcio".