Il saluto di Sacchi: “Quattro anni di lavoro e risultati, ma in Italia non si investe nei giovani”
mercoledì 30 luglio 2014
I bilanci in rosso di molte società, che non consentono investimenti a lungo termine, e un modello di calcio eccessivamente difensivo, che preferisce puntare su giocatori esperti: sono queste per Arrigo Sacchi le due principali cause del ritardo dell’Italia nella valorizzazione dei suoi giovani. Dopo quattro anni si esaurisce l’esperienza dell’ex Ct Azzurro alla guida delle Nazionali Giovanili, un percorso che ha visto circa 400 partite disputate dalle rappresentative italiane, con un incremento di oltre il 30%, e la crescita di diversi calciatori, molti dei quali oggi titolari in Serie A e nei principali campionati esteri: “Devo ringraziare il mio vice Maurizio Viscidi e la Federazione – ha spiegato Sacchi - che ha deciso di investire nei giovani in un Paese che non ci crede”.
“Siamo qui – ha sottolineato in conferenza stampa il direttore generale della Figc Antonello Valentini – perché domani scade il contratto di Arrigo, che per noi è stato un aiuto fondamentale per far rinascere il sistema delle Nazionali giovanili. Ha deciso di lasciare l'incarico a fine mandato, nonostante le nostre insistenze, e speriamo che in futuro possa ripensarci".
“Lascio con dispiacere un incarico a cui tengo molto – ha confessato Sacchi, affiancato dal suo vice Maurizio Viscidi e dal segretario del Club Italia Mauro Vladovich - ma ho un avversario terribile che sono riuscito a governare per 22-23 anni e che alla fine sta vincendo: lo stress. Ho avvisato la Figc già da un anno che a fine mandato avrei lasciato. Non sono stato un bravo padre, ho trascurato mia figlia, e non voglio fare lo stesso con la nipotina nata due anni e mezzo fa. E poi non sono più un giovanotto, il mio recupero è più lento".
Tra i diversi risultati positivi ottenuti dalle Nazionali giovanili negli ultimi quattro anni spicca il secondo posto conquistato all’Europeo Under 21 alle spalle della Spagna: “Abbiamo eliminato una squadra come l’Olanda – ha ricordato Sacchi – e cinque loro giocatori sono partiti titolari in occasione della semifinale del Mondiale brasiliano. In questi quattro anni abbiamo lavorato molto, abbiamo cercato di dare ai ragazzi anche una dimensione e una mentalità internazionale”. A giovani come De Sciglio, Florenzi, Insigne e Immobile, che si sono messi in mostra in Serie A, vanno aggiunti i vari Verratti, Caldirola, Donati, Fausto Rossi, passati dalla Serie B ad alcuni dei club stranieri più titolati.
L’ex Ct è tornato anche sull’eliminazione della Nazionale al Mondiale: “Era frutto dell'amore pensare che l'Italia potesse vincerlo, non c'è stata una competizione che potesse indurci a generare questo pensiero. Nessun nostro club era entrato nei quarti di Champions. Sarebbe stato un miracolo, che non si è verificato. Sono stati commessi degli errori, qualcosa in più si poteva fare. In Italia è il caso di rivedere qualcosa. Abbiamo dirigenti che pensano più al loro potere che al bene del sistema. Un po' di autocritica per tutti non può che fare bene. Possiamo crescere solo se smettiamo di piangere. L'Italia – ha concluso Sacchi - ha esportato cultura per 1500 anni, ma dobbiamo dimenticare furbizia, arrivismo, scorciatoie, compromessi, altrimenti siamo out. Spero che il nostro Paese riesca a risorgere".