Presentata su Sky l’11ª edizione del ReportCalcio. Gravina: “Il mondo del calcio asset strategico per il Paese”
Il presidente federale, l’economista Carlo Cottarelli e Matteo Marani hanno presentato il rapporto annuale sul calcio italiano sviluppato dal Centro Studi FIGC in collaborazione con AREL e PwCgiovedì 26 agosto 2021
Tutti i numeri del calcio italiano e l’impatto che l’emergenza sanitaria ha avuto sul movimento sono racchiusi nell’11ª edizione del ReportCalcio, il documento sviluppato dal Centro Studi FIGC in collaborazione con AREL (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC (PricewaterhouseCoopers). Pubblicato sul sito della Federcalcio (clicca qui), il ReportCalcio è stato presentato su Sky Sport 24 nello speciale condotto da Luca Marchetti che ha visto gli interventi del presidente della FIGC Gabriele Gravina, dell’economista Carlo Cottarelli e del giornalista Matteo Marani.
Il ReportCalcio rappresenta uno dei pilastri del programma strategico della FIGC finalizzato a valorizzare il profilo della trasparenza, con 11 edizioni pubblicate dal 2011 ad oggi (quasi 1.900 pagine), insieme al numero speciale redatto nel 2020 per celebrare i 10 anni della pubblicazione. L’obiettivo del documento è quello di rappresentare i numeri che caratterizzano il Sistema Calcio, descrivendone la dimensione, la struttura e l’articolazione, insieme all’analisi dei principali trend e alla previsione sulle evoluzioni future del settore, al fine di fornire un supporto strategico per accompagnare i programmi di crescita del calcio italiano.
“Il mondo del calcio – afferma il presidente federale Gabriele Gravina - rappresenta un valore per il sistema Italia, a livello sportivo, economico e sociale. È un asset strategico che fonda il suo impatto su numeri importanti e sul radicamento pressoché totale sul territorio nazionale. ReportCalcio fotografa bene questa multidimensionalità e analizza anche le criticità del movimento nel suo complesso, acuite dalla crisi generata dalla pandemia da COVID-19. La FIGC ha avviato un processo di autoriforma finalizzato a rendere il calcio italiano più patrimonializzato e meno indebitato, ma in virtù del ruolo che recita nel nostro Paese sarebbe determinante che il Governo riconoscesse tale importanza: da soli non si esce da questa crisi, sostenere il calcio vuol dire aiutare l’Italia in questa difficile ripartenza”.
“Con un impatto negativo del 16%, lo sport è uno dei settori produttivi ad aver maggiormente risentito della crisi generata dal COVID-19 – dichiara il prof. Carlo Cottarelli – mentre per il resto dell’economia italiana la perdita media è stimata intorno al 9%. L’analisi realizzata dalla FIGC mette bene in evidenza come alle perdite accumulate prima della pandemia si sia aggiunta la crisi di liquidità che mette a rischio la capacità del calcio professionistico di pagare gli interessi sul debito. Nel processo di riforma avviato dalla Federazione individuo due priorità: gli investimenti nelle infrastrutture, per garantirsi nuove fonti di ricavi, e l’introduzione dell’azionariato diffuso, per consentire l’iniezione di capitali non subordinati ad interessi”.
“Il calcio è un fenomeno sociale - sottolinea Matto Marani - che coinvolge milioni di praticanti e di appassionati, e che dà lavoro a migliaia di famiglie. La sua forza l’abbiamo capita bene l’11 luglio a Wembley. È giusto che, al pari di altri settori industriali, possa usufruire del sostegno e degli aiuti governativi. Considerarlo sport per soli miliardari è vecchia letteratura”.
I NUMERI DEL SETTORE CALCIO A LIVELLO ‘STRUTTURALE’ (PRE COVID-19)
Gli highlights relativi ai numeri del settore a livello ‘strutturale’ (prima dell’impatto del COVID-19) testimoniano quanto il calcio italiano rappresenti un asset strategico del Sistema Paese, a livello sportivo, economico e sociale; nell’era pre-COVID, infatti, il calcio italiano poteva contare su 4,6 milioni di praticanti e 1,4 milioni di tesserati per la FIGC, per un totale di circa 570.000 partite ufficiali disputate ogni anno (una ogni 55 secondi) e un impatto socio-economico stimabile in 3,1 miliardi di euro. Uno sport che rappresenta la grande passione degli italiani, con oltre 32 milioni di tifosi, pari al 64% della popolazione italiana over 18, e un asset fondamentale del mercato dei broadcaster, con 50 partite di calcio tra i primi 50 programmi televisivi più visti della storia della tv italiana (tra cui 47 partite della Nazionale).
A livello economico, prima dell’emergenza sanitaria il sistema calcio produceva un fatturato diretto stimabile in 5 miliardi di euro, il 12% del PIL del football business mondiale, con un impatto indiretto e indotto sul PIL italiano pari a 10,1 miliardi e oltre 120.000 posti di lavoro attivati. A livello fiscale e contributivo, il solo calcio professionistico ha prodotto nel 2018 un gettito complessivo pari a 1,4 miliardi di euro, circa il 70% del contributo fiscale generato dall’intero sport italiano. Complessivamente negli ultimi 13 anni la contribuzione ammonta a circa 14 miliardi di euro, e per ogni euro ‘investito’ dal Governo italiano nel calcio, il Sistema Paese ha ottenuto un ritorno in termini fiscali e previdenziali pari a € 17,3.
L’IMPATTO DELL’EMERGENZA SANITARIA SUL CALCIO ITALIANO
• L’interruzione delle competizioni calcistiche ha portato alla disputa di 47.825 partite ufficiali in meno tra il 2018-2019 (571.865) e il 2019-2020 (524.040)
• La FIGC tra il 30 giugno 2019 e il 15 marzo 2021 ha perso oltre il 23% dei propri calciatori tesserati, ovvero quasi 245.000 giocatori in meno, con impatti particolarmente significativi sul calcio dilettantistico e giovanile.
• Gli spettatori potenziali andati persi a causa della pandemia ammontano ad oltre 22,1 milioni (5,9 milioni nel 2019-2020, stagione analizzata nel ReportCalcio 2021, insieme ad altri 16,2 milioni stimati nel 2020-2021).
• Il COVID-19 ha ulteriormente accelerato lo squilibrio del settore; il ReportCalcio, nello specifico, analizza l’impatto prodotto sul calcio professionistico nella stagione sportiva 2019-2020: i ricavi totali sono diminuiti di 434 milioni, passando da 3.897 a 3.463 milioni, con impatti significativi prodotti dai minori ricavi per ingresso stadio (-75 milioni di euro); il decremento del costo del lavoro (-112 milioni) non è stato sufficiente per compensare la diminuzione dei ricavi, a causa soprattutto della crescita di ammortamenti e svalutazioni (+222 milioni di euro); la perdita totale aumenta dai 412 milioni di ‘rosso’ del 2018-2019 agli 878 del 2019-2020; in crescita anche i debiti totali (+490 milioni, per un totale pari a 5,3 miliardi), mentre peggiora la posizione finanziaria netta, negativa nel 2019-2020 per un valore pari a quasi 1,3 miliardi
• Al fine di fornire un quadro ancora più dettagliato e aggiornato relativamente all’impatto della pandemia, nelle settimane successive alla finalizzazione del ReportCalcio 2021 sono state formulate delle proiezioni estendendo l’analisi degli effetti negativi prodotti dal COVID-19 anche alla successiva stagione sportiva 2020-2021; complessivamente, nelle prime 2 stagioni con impatto COVID-19 (2019-2020 e 2020-2021), si stima che il calcio professionistico abbia perso circa un miliardo di euro di ricavi in relazione agli effetti negativi prodotti dalla pandemia, mentre il costo della produzione è rimasto sostanzialmente stabile (con un lieve aumento pari a 163 milioni); l’impatto netto totale dell’emergenza sanitaria nel biennio 19-20 e 20-21 è stimabile quindi in oltre 1,1 miliardi di euro.
• Anche a livello indiretto e indotto, la pandemia ha prodotto un significativo impatto su tutti i settori della filiera produttiva (12 settori merceologici coinvolti) e della catena del valore attivata dal calcio italiano: la spesa diretta è scesa del 5,7% (da € 5.050m a € 4.762m), l’impatto sul PIL del 18,1% (da € 10.066m a € 8.249m), mentre l’occupazione generata dal comparto del calcio ha visto il decremento di oltre 27.000 posti di lavoro attivati (da 121.737 a 94.462).
LE INFRASTRUTTURE SPORTIVE: UN TEMA CRUCIALE
Tra gli altri spunti di riflessione che emergono dalla lettura del ReportCalcio, un tema di rilevanza centrale rimane quello relativo alle infrastrutture sportive; l’avvio di un programma di investimento per la realizzazione di una nuova generazione di impianti calcistici nel nostro Paese appare sempre più imprescindibile: nell'ultimo decennio (2010-2020) in Europa sono stati realizzati un totale di 153 nuovi stadi, con un investimento pari a 19,8 miliardi di euro; le principali nazioni in termini di nuovi stadi sono Turchia (28 impianti), Polonia (23), Russia (16) e Inghilterra (12). L'Italia ha intercettato solo una minima parte di questo potenziale, incidendo per appena l'1% degli investimenti totali prodotti in Europa.
I dati attestano la necessità di avviare quanto prima un importante processo di rinnovamento dell’impiantistica sportiva. L’età media di inaugurazione degli impianti passa dai 61 anni della Serie A ai 63 della Serie C. La percentuale di posti coperti in Serie B e in Serie C si attesta intorno al 52% e al 48%, per poi salire in Serie A al 79%. Solo nel 12% degli stadi della prima serie professionistica vengono utilizzati impianti con fonti rinnovabili di energia, e appena il 9% degli impianti del calcio professionistico italiano non risulta di proprietà pubblica.
Il potenziale economico inespresso è particolarmente significativo: nell'ultima stagione sportiva pre-Covid (2018-2019) la Serie A ha prodotto 300,9 milioni di euro di ricavi da ticketing, rispetto ai 776 della Premier League inglese e ai circa 520 della Liga spagnola e della Bundesliga tedesca. Negli ultimi 5 anni pre-Covid i ricavi mancati nel calcio professionistico ammontano a 1,3 miliardi di euro, a fronte di quasi 82 milioni di biglietti invenduti, a causa dello scarso riempimento della capienza degli stadi, che in Serie A non superava il 63% (49% in Serie B e 30% in Serie C), a fronte del 95% della Premier League inglese e dell’89% della Bundesliga tedesca (campionato nel quale l’affluenza media allo stadio si attestava prima del COVID-19 a 43.490 spettatori, rispetto ai 24.106 della Serie A italiana).
I numeri testimoniano l’urgenza sempre più attuale di nuovi interventi infrastrutturali, considerando anche gli importanti effetti indotti connessi all’introduzione di una nuova generazione di impiantistica sportiva nel nostro Paese: il rinnovamento degli stadi in Italia potrebbe comportare investimenti fino a 4,5 miliardi di euro per i prossimi 10 anni, con la creazione di 25.000 nuovi posti di lavoro e un gettito fiscale di 3,1 miliardi di euro.
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