Tavecchio e Uva al convegno del CONI: le politiche della FIGC sulla tutela dei vivai
giovedì 11 dicembre 2014
Le politiche approvate dalla FIGC per la valorizzazione dei vivai nazionali nel rispetto delle normative europee e le proposte di riforma nell’ambito dell’ordinamento comunitario con riferimento al sistema calcistico sono stati tra i temi al centro dell’attenzione del convegno “La specificità dello sport e la formazione dei giovani atleti nel diritto dell’Unione Europea”, organizzato oggi dal CONI in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea.
L’evento, strutturato in due sessioni (“Lo sport nell’ordinamento europeo: un caso di one size fits all?” e “L’Unione europea e la formazione dei giovani atleti”) è stato aperto dal presidente del Comitato Olimpico Nazionale Giovanni Malagò, che ha voluto testimoniare il suo apprezzamento per quanto recentemente fatto dalla Federcalcio: “Nella difesa dei vivai la FIGC è stata non so se brava o forse troppo brava, ma ha giocato d'anticipo, ha definito i contorni ed il perimetro su cui mettere le regole di ingaggio”. Subito dopo gli interventi del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri Graziano Delrio (“durante il semestre di presidenza italiana, abbiamo voluto insistere su molti aspetti dello sport, come il suo essere un importante motore economico del paese"), del vice direttore generale a Istruzione, Cultura, Gioventù e Sport della Comunità Europea Jens Nymand Christensen e del Membro CIO Mario Pescante.
Ad illustrare la posizione della FIGC è intervenuto il Direttore Generale Michele Uva. Nel suo intervento Uva ha posto l’attenzione “sull’importanza della valorizzazione dei settori giovanili in termini economici (la UEFA all’interno del Financial Fair Play esclude le spese sostenute per l’attività giovanile nella riclassifica del bilancio), in termini di immagine e senso di appartenenza e a livello sportivo”, come confermato negli ultimi anni da alcune eccellenze europee come il Barcellona, in grado di costruire dal vivaio circa il 90% della propria rosa. Uva ha poi sottolineato come “i settori giovanili rappresentino anche un significativo strumento di sviluppo della dimensione sociale”: solo in Italia, nel 2012/2013, i calciatori stranieri partecipanti ad attività giovanile tesserati per la FIGC ammontano ad un totale di 35.829 (+2,9% rispetto al 2011/2012 e +13,6% rispetto al 2009/2010), così come si può riscontrare un incremento nel 2012/2013 degli stranieri minorenni al primo tesseramento, circa 10mila provenienti da 121 diversi Paesi, con Albania, Marocco e Romania nei primi posti.
Ricordando gli effetti della sentenza ‘Bosman’, con un aumento in Serie A del numero degli stranieri, passati dai 67 del 1996 ai 277 del 2014/2015, il Direttore Generale della Federcalcio ha ribadito “la necessità di una maggiore sensibilità nei confronti dell’attività delle squadre nazionali, con le federazioni che hanno capacità limitate per non dire inesistenti di intervenire a livello regolamentare per preservare la dimensione ‘nazionale’ dell’attività sportiva”. Basti pensare che nelle prime 14 giornate della stagione in corso della Serie A il minutaggio complessivo dei calciatori non selezionabili per la Nazionale è stato superiore rispetto a quello dei convocabili (50,5%) e che anche nel Campionato Primavera tra il 2010 e il 2014 il dato dei calciatori stranieri impiegati è cresciuto del 62%.
Secondo l’analisi di Uva, è quindi fondamentale correre ai ripari, portando avanti quel sistema di riforme già avviato dalla FIGC nel Consiglio Federale dello scorso 20 novembre, che ha visto l’approvazione di una serie di provvedimenti che tendono a mantenere gli impegni assunti dal presidente Tavecchio nel suo programma: rose delle squadre di Serie A composte da non più di 25 calciatori, di cui 4 cresciuti in Italia e 4 formati nel vivaio del club per cui sono tesserati (con libero tesseramento di calciatori Under 21) e società che avranno la possibilità di tesserare un massimo di 2 extracomunitari a stagione, a condizione che uno vada a sostituire un altro extracomunitario presente in rosa e che l’altro abbia un comprovato curriculum sportivo.
Il DG della Federcalcio ha poi avanzato alcune proposte da portare all’attenzione del legislatore, come “un nuovo intervento sulla norma che prevede un numero minimo di calciatori tesserati nelle rose provenienti dai settori giovanili, introducendo un principio più elastico che preveda che almeno il 50% dei giocatori provenga dai vivai nazionali”; in prospettiva, Uva ha auspicato il “superamento della norma, con la possibilità di istituire un numero minimo di calciatori provenienti dai settori giovanili nazionali da inserire nella distinta di gara”. Temi cruciali sono anche il superamento delle disomogeneità sulle procedure di ottenimento della cittadinanza nei diversi paesi europei che derivano dall’applicazione di principi alternativi nelle diverse nazioni (ius soli e ius sanguinis) e l’armonizzazione dei trattamenti fiscali a livello europeo, con particolare riferimento all’IRAP, un’imposta che grava esclusivamente sul sistema calcistico italiano.
Da parte sua, il Presidente della FIGC Carlo Tavecchio, tra gli ospiti dell’evento, ha voluto sottolineare come l’Europa abbia finora perso l’occasione di tutelare davvero la specificità dello sport: “Purtroppo il Trattato di Nizza, che poteva davvero essere il fondamento di una politica di tutela dei vivai nazionali nell’ambito dell’Unione, è rimasto sulla carta: mi auguro che il futuro sia più roseo rispetto a quanto è stato finora”.