Intervista a Gianluca Scamacca, l'Azzurrino d'Olanda
lunedì 18 maggio 2015
Gianluca Scamacca, tra i suoi compagni nella Nazionale Under 17, è l’unico che gioca all’estero. 16 anni, insieme al portiere Donnarumma è l’altro sotto età, da circa quattro mesi è passato al Psv Eindhoven, dove gioca negli Allievi, con qualche presenza in Primavera. Cresce in un quartiere periferico di Roma, Borgata Fidene, dove viene avvicinato dalla società locale di pallacanestro. La sua altezza (ora 195 cm) è sempre stato l’elemento distintivo, ma la palla gli piaceva di più giocarla coi piedi piuttosto che con le mani. Nell’ultima partita con La Francia (poi persa 3-0), due suoi spunti, appena entrato all’inizio del secondo tempo, hanno portato l’Italia molto vicina al pareggio.
Allora lasci la pallacanestro per il calcio?
Si, non mi divertivo. Per strada, con gli amici passavo molto tempo col pallone tra i piedi. E mi piaceva guardare la Roma, in televisione, con papà e gli zii. E poi correvo giù, a cercare di fare le stesse cose che vedevo.
E come arrivi al Calcio?
Prima in una scuola calcio, il Delle Vittorie, poi la Cisco Roma, dove gli zii mi proposero per un provino. Poi, in un torneo giocato a Tor Bella Monaca (quartiere di Roma) mi notò la Lazio che, insieme ad altri tre miei compagni, mi prese.
Quindi quello è stato il salto decisivo?
In qualche modo, si. Lì ho capito quanto mi piacesse il calcio e quanto fosse importante comportarsi in un certo modo, per migliorarsi nella tecnica di gioco. Io non ero molto bravo e dicevano di me che giocavo perché ero alto.
Ma poi è arrivata la Roma…
Si. Capocannoniere nel torneo Niki, al Vigor Perconti, la società mi notò e mi propose di passare con loro. Accettai senza pensarci, anche perché la Roma è la mia squadra del cuore.
Un sogno che diventa realtà…
Da non crederci. E poi Roberto Muzzi, un grande attaccante e mio allenatore nei Giovanissimi élite. Con lui ho imparato gran parte delle cose che so. Mi prendeva in disparte e mi insegnava tecnica e mentalità: a lui debbo molto.
Arriva il primo scudetto
Si, con i Giovanissimi nazionali, lo scorso anno. Segno il gol della vittoria e vinco con la Roma: di più non potevo sperare.
Ma poi vai al PSV Eindhoven…
Già. Questo è un progetto di vita che mi affascina. Una società che sta investendo molto su di me e me lo sta dimostrando con i fatti. Lì studio, in un liceo internazionale e sto imparando l’inglese e mi dedicano molto tempo per migliorare i miei limiti tecnici, curando i dettagli. In più, sono stato accolto molto bene dai miei nuovi compagni con cui esco spesso la sera. Mia madre è con me e mio padre ci raggiunge spesso. Anche a lui non dispiacerebbe venire a vivere lì.
...quindi ottieni la prima convocazione in Nazionale.
Con Antonio Rocca, nella Under 15, circa due anni fa, e subito dopo, con Bruno Tedino nella 16.
Stai giocando l'Europeo Under 17 in Bulgaria. Che esperienza stai vivendo?
Un’esperienza bellissima e molto formativa. Giocare a questi livelli ti fa crescere tanto. I ritmi di gioco sono molto intensi, gli stessi che ritrovo nell’Eindhoven.
Domani invece affronterete la Croazia nello spareggio per partecipare ai Mondiali. Che avversario affronterete?
Li abbiamo incontrati lo scorso anno con la Under 16. Abbiamo vinto ed io ho segnato tutte e due le volte. Un avversario rognoso, ‘fisico’ in difesa, tecnico in attacco. Non mollano mai.
Che cosa serve per batterli?
Dopo quattro partite giocate a questo livello, le energie fisiche diminuiscono. Abbiamo imparato a conoscerci, è un gruppo che sta insieme da tempo e questo Europeo ha affinato le nostre intese. Bisogna contare uno sull’altro e crederci. Raggiungere l’obiettivo dei Mondiali (in Cile, il prossimo ottobre) è importantissimo; è un’occasione fondamentale di crescita e di sviluppo delle nostre capacità.
Il suo sogno sta in un cassetto che non ha mai chiuso; un sogno in parte già vissuto ma che vorrebbe rivivere anche attraverso le scelte fatte fino a oggi: " Voglio migliorarmi, diventare più forte e tornare a giocare per la Roma. E’ grazie a quei colori che ho cominciato a giocare e con quei colori che vorrei finire, un domani”.