Intervista a Simone Marinai: il palo con Tahiti, i primi passi e la sfida con Buffon sulla sabbia
martedì 28 luglio 2015
Tra gli Azzurri del beach soccer che hanno meglio figurato durante i Giochi Europei di Baku e il Mondiale di Portogallo, c’è sicuramente Simone Marinai. Classe 88’, laterale del Viareggio Beach Soccer, Simone ha collezionato in Nazionale 72 presenze con 28 gol. Reti che potevano essere 29 se il tiro a trenta secondi dal termine nella semifinale iridata, poi persa ai rigori con Tahiti, non si fosse stampato sul palo a portiere battuto.
Quel palo trema ancora...
Il ricordo di quel palo me lo porterò dietro per qualche anno. Almeno fino al prossimo mondiale, dove cercheremo di fare meglio. A casa l’avrò già rivisto 10-15 volte. Al momento, quando ho tirato, ho pensato che il pallone potesse entrare, tanto che ero già pronto ad esultare…
La semifinale con Tahiti al Mondiale o la finale con la Russia a Baku: quale gara avresti preferito vincere delle due?
Sono entrambi competizioni prestigiose, una per un motivo e una per un altro. Tra le due gare forse avrei preferito vincere quella persa ai rigori con Tahiti, perché avremmo disputato la finale col Portogallo, con cui ce la siamo sempre giocata con risultati positivi negli ultimi anni.
Come hai iniziato a giocare a beach soccer?
Sono cresciuto a Viareggio dove ci sono spiagge grandi, con molte strutture per praticare il calcio sulla sabbia. Lì mi sono appassionato. Poi circa undici anni fa è morto un ragazzo, fratello di un mio attuale compagno di squadra nel Viareggio. In nome suo venne organizzato un torneo, il Memorial Valenti, dal quale sono stati selezionati quelli che poi avrebbero composto il Viareggio Beach Soccer. In quell’occasione è iniziata anche la mia carriera. Ho provato anche con il calcio in Serie D ed Eccellenza, ma poi ho deciso di lasciare stare per concentrarmi sul beach soccer.
I tuoi genitori sono venuti in Portogallo a sostenerti durante il Mondiale. Che rapporto hanno con la tua passione per il beach soccer?
Mio padre e mia madre sono ineccepibili. Mi sono sempre stati vicini e mi hanno sempre spronato. Poi, da buoni genitori, mi hanno anche consigliato di non trascurare l’università, specialmente d’inverno, quando non ho impegni agonistici e posso concentrarmi sugli studi.
Che facoltà frequenti?
Scienze Motorie, dato che in futuro mi piacerebbe fare il preparatore atletico, allenare o comunque lavorare in gruppo e vivere lo spogliatoio.
A proposito di gruppo, in quello azzurro ci sono “personaggi” particolarmente simpatici: da Zurlo, che taglia i capelli a tutti, a Marrucci, che vi impegna in sfide intellettuali con i palindromi...
Hai dimenticato Ramacciotti! Nel limite, è abbastanza incontrollabile… è matterello, chiacchiera sempre, non ci fa certo annoiare.
L’ItalBeach ha qualche rituale scaramantico prima di entrare in campo?
L’urlo pre-gara è un rito a cui teniamo molto.
Qual’è stato il tuo punto di riferimento calcistico nel beach soccer?
Alan Cavalcanti del Portogallo. Siamo simili per caratteristiche tecniche e fisiche. Inoltre era mio compagno di squadra nei Cavalieri del Mare, quando io disputavo le mie prime gare in serie A.
Segui il calcio a 11?
Sono stato tifoso juventino fino a quando c’era Del Piero. Poi da quando ha lasciato l’Italia, la mia passione si è un po’ smorzata.
Quale azzurro di Antonio Conte vedresti bene giocare a beach soccer?
Per le caratteristiche fisiche e l’abilità nelle acrobazie, direi forse Simone Zaza. E poi Buffon… ma lui l’ho visto giocare sulla sabbia con i miei occhi.
Ci racconti l’aneddoto?
Circa sette anni fa a Marina di Carrara ho giocato contro Gigi e Chiellini in un’amichevole di beach soccer organizzata per beneficenza. L’impressione che ho avuto è che quando Buffon decideva di non prendere gol, tirava giù la saracinesca e non c’era verso di segnargli...