Intervista ad Alberto Picchi, l'Inghilterra, i primi passi e il leggendario parente
martedì 13 ottobre 2015
Armando Picchi, libero nell’Inter di Herrera e della Nazionale, un nome dentro una formazione che tre quarti degli appassionati, conoscono a memoria, come una cantilena. Oggi parliamo di Alberto Picchi, 19 anni il prossimo agosto, centrocampista titolare in queste qualificazioni europee in Macedonia della Nazionale Under 19. Un ragazzo di un metro e 87, mite e risoluto, in campo generoso quanto tecnico. Nelle sue orecchie ancora i racconti del nonno, che gli parlava di Armando, la leggenda del calcio italiano.
Alberto, porti un cognome che fa parte della storia del calcio italiano...
Picchi a Livorno è un cognome diffuso. Già all’età cinque anni la mia curiosità venne stimolata dallo stadio che porta il nome di Armando e chiesi a mio nonno: era suo cugino e me lo fece conoscere attraverso i racconti e i video dell’epoca. Da lì e nato un senso di appartenenza e la mia passione per il calcio è cresciuta.
E dove hai cominciato?
Nell Antignano Banditella, la scuola calcio di una società livornese, dove mio padre mi accompagnava e, a sua volta, riviveva la sua passione per questo gioco.
Anche lui calciatore?
Si, e di buon livello. Lo voleva l’Atalanta ma mio nonno, all’epoca, preferì vederlo sistemato, con un buon lavoro. Papà, però, non mi ha mai lasciato, è sempre con me, persino qui, a Skopje, dove sta seguendo queste gare di qualificazione agli Europei.
E dopo la scuola calcio dove sei andato?
Al Livorno, dove ho giocato 2 anni per poi andare all’Empoli, la mia attuale società. Ora gioco in Primavera e siedo spesso in panchina della prima squadra: in pre campionato ho persino segnato due gol.
Com’è la vita di ogni giorno?
Frequento il 5° anno di Ragioneria a Livorno dove vivo con i miei; finita la scuola prendo il treno e poi l’autobus per raggiungere l’allenamento
Piuttosto stancante…
Passa tutto, appena metto piede nel campo: l’allenamento, i compagni, mi rilassano e la stanchezza passa. Riprendo il treno per casa che sono disteso.
Il tuo esordio in Nazionale?
Con Daniele Zoratto e Bruno Tedino, nella Under 17 dove ho disputato la fase elite del campionato europeo tre anni fa. La prima partita l’ho giocata a Coverciano con la Under 16, contro i miei compagni dell’Empoli: il mio ex mister, contro di me, applicò una marcatura ad uomo.
Fino ad oggi, mai una defaillance?
Ho avuto un brutto incidente mentre giocavo nei Giovanissimi dell’Empoli: operato al crociato e sostituiti i due menischi del ginocchio sinistro, sono rimasto fermo un anno. Tanto sconforto ma alla fine si è rinforzato il mio carattere: l’amore per questo sport mi ha riportato in campo. Con mister Cecchi, negli Allievi dell’Empoli, sono arrivato alla finale nazionale contro il Parma, purtroppo persa.
Tra poche ore si disputa Italia-Inghilterra, in uno stadio molto bello, l’Arena Filip II di Skopje in Macedonia...
Un sogno che tutti i ragazzi vorrebbero vivere. Solo a pensarlo, mi vengono i brividi. Domani questo sogno lo vivrò, magari vincendo. Tutta la squadra lo vuole, e siamo determinati. Non so come andrà, ma io sono già felice.
Oggi, alle 15.00, Italia-Inghilterra all’Arena Fip II di Skopje. Agli Azzurrini basta un pareggio per qualificarsi matematicamente alla fase successiva (precedenti incontri: Italia-Finlandia 1-1; Italia-Macedonia 3-2).