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06 aprile 2021
venerdì 5 ottobre 2012
Torino, 5 ottobre 2012 – Angelo Ogbonna, classe ‘88, è da molti considerato uno dei difensori più promettenti del calcio italiano.
Con il giornalista Marco Bonetto ha parlato di calcio, razzismo e della sua scelta di scegliere la Nazionale italiana rispetto a quella della Nigeria, terra di cui è originario.
Riportiamo alcuni passi dell’interessante intervista, pubblicata integralmente sul numero odierno di Tuttosport:
ITALIA E NIGERIA
“Mio padre è di esempio. Trent’anni fa lasciò Lagos per venire a studiare architettura a Venezia, si laureò, la classica vita di un emigrante che cerca all'estero lavoro, fortuna. La sua famiglia in Nigeria apparteneva a una classe sociale media. Ma voleva andare oltre. Tornò a casa a prendere mia madre, dopo la laurea, e si stabilirono a Cassino. Dove sono nato io. E anche noi figli siamo cresciuti studiando. Le mie due sorelle sono all’Università. Io no, ma studio ancora in altro modo. […] Io mi sento totalmente italiano. Tanto è vero che rifiutai la convocazione nella Nigeria. E non per opportunismo. I miei mi hanno lasciato scegliere. E io non potevo che dire Italia. Anche se fino ai 18 anni, nonostante sia nato qui e vissuto sempre qui, non potevo ottenere la cittadinanza”.
RAZZISMO
“La vita mi ha messo sul piatto davanti agli occhi tante culture. Innanzi tutto due. Quella della mia famiglia e quella italiana. E stato come avere un foglio bianco. E poi scrivere una storia più ricca, grazie a conoscenze maggiori. Come se fossi stato un americano. […] Io mi sento un uomo di mondo. Un cittadino del mondo, intendo. Invece certe persone la buttano sul patriottismo, sulla politica. E distinguono le razze, le origini. Io no. Io non posso dimenticare la Nigeria perché è come se mi staccassi da chi amo, la mia famiglia. Io rispetto tutte le culture. E cerco di capire ciò che mi fa più comodo, mi dà di più. Chi è stupido, ignorante, razzista, pensa che io sia limitato o con dei problemi perché ho la pelle nera. Il contrario. Sono un privilegiato. Perché la mia vita nasce dall'incontro di più culture. Fin da bambino. Quando hai la capacità di capire le cose in modo diverso dagli adulti, in modo più semplice, fluido».
MESSAGGIO A BAMBINI E GENITORI
Così, Ogbonna ha risposto alla domanda “Non giocherebbe più in cortile con un bambino”?:
“Tutt'altro, se dei bambini me lo chiederanno. Io sono cresciuto così. Giocando a calcio in un cortile a Cassino. La scaltrezza l'ho imparata lì. I genitori devono mandare i figli per strada, nei parchi, nelle scuole calcio. A giocare all’aria aperta con altri bambini. Invece li tengono alla playstation per ore. O davanti alla tv. La vita va vissuta. I genitori devono mandare i figli nelle scuole calcio, ma poi senza seguirli, lasciandoli anche liberi di essere”.