Per gli amanti del calcio, il 15 ottobre non potrà mai essere una data come tutte le altre.
Non potrà mai esserlo da quel 1967. Cinquanta anni or sono, mezzo secolo fa, ma l’emozione scorre veloce sui binari dei ricordi e la sensazione è quella di rivivere quel dramma ancora una volta. Come se fosse ieri.
Gigi Meroni era unico: fuoriclasse sul terreno di gioco, poliedrico e artista fuori dal campo. Ma comunque, sempre innamorato: del calcio, della sua fidanzata, del suo Torino. Pittore e stilista, ala destra dal talento cristallino, come pochi in grado di saltare l’uomo. Baffi e capelli lunghi in un calcio austero, d’altri tempi; amato ed estroverso, tanto da girare con una gallina a guinzaglio.
Idolatrato dal popolo Granata, tanto che una sommossa popolare riuscì a bloccarne il passaggio alla Juventus degli Agnelli.
Il 15 ottobre del 1967 si giocò Torino-Sampdoria. Era la quarta giornata del massimo campionato italiano di calcio: i piemontesi trionfarono sul campo, per 4-2, ma fu ciò che avvenne dopo quella partita a segnare in maniera indelebile la memoria collettiva e a rendere – purtroppo – indimenticabile quella data. Luigi Meroni, detto Gigi, perse la vita in un incidente stradale quella domenica notte, investito davanti casa dall’auto che – tragico gioco del destino - era guidata da un suo tifoso sfegatato: Attilio Romero, che, trentatré anni dopo, nel 2000, diventerà Presidente del Torino. La vita di Meroni è un continuo rimandare a segni e giochi del destino, fin dal suo nome e cognome: quasi omonimo di Pier Luigi Meroni, il primo pilota dell’aereo che trasportava il Grande Torino, il 4 maggio del 1949, e che si schiantò sulla collina di Superga.
Il rapporto di Gigi Meroni con la Nazionale non è mai stato semplice: il suo look eccentrico non ne facilitò l’inserimento nella selezione azzurra guidata da Fabbri. Il Commissario Tecnico italiano, però, non poté non convocarlo per la spedizione mondiale in Inghilterra nel’66. Una spedizione fallimentare, conclusa con la clamorosa sconfitta contro la Corea del Nord per 1-0. In quell’occasione, Meroni fu lasciato in panchina dal CT Fabbri.
Con la maglia azzurra, la “Farfalla” – questo era il soprannome per il suo stile di gioco e per i suoi costumi anticonformisti – Gigi Meroni ha collezionato sei presenza e due gol. Durante i mondiali inglesi del ’66, fece la sua ultima apparizione con la divisa dell’Italia, nella sfida del girone contro l’Unione Sovietica.Proprio la maglia numero 15, indossata da Meroni a Sunderland contro l’URSS, il 16 luglio del ’66, è oggi conservata al Museo del Calcio di Coverciano a Firenze.