Tuttosport

Il racconto della gara da Tuttoport dell’11 giugno 1968 attraverso l’editoriale di Giglio Panza

L’Editoriale di Giglio Panza

Uomini e gioco giusti al momento giusto

Gli azzurri hanno conquistato stasera il titolo europeo con una strepitosa prestazione, assolutamente inimmaginabile, impostando un gioco di squadra di rara efficacia. All'ultimo momento dal cappello dei selezionatori è saltata fuori una formazione che sarebbe apparsa logica anche prima, se non che ufficialmente risultava non realizzabile in quanto Riva veniva dichiarato non idoneo, Mazzola giudicato non fisicamente capace di reggere lo sforzo, e via dicendo.

Viceversa Riva è stato il decisivo uomo di sfondamento, come lo era stato a Berna ed a Cagliari, e MazzoIa, felicissimo nella scelta della posizione, ha illuminato le nostre puntate offensive con lanci perfetti, offrendosi pure al disimpegno dei compagni. Mazzola, in realtà, ha precisato qual è il suo vero ruolo e forse ha dato pure una mano al dott. Foni nella chiarificazione dei problemi interisti.

Il resto lo ha fatto la freschezza atletica: Salvadore, Rosato e De Sisti hanno dato un aiuto determinante ai reduci delle quattro ore di gioco precedenti, tanto da rinfrancare, ad esempio, il Burgnich sfinito trasformandolo nuovamente nel difensore di cura implacabile in grado di concedere poco al fortissimo Dzajic. Quanto a Facchetti nelle tre gare era stato sempre perfetto e perfetto è stato pure in quest’ultima occasione.

Gli jugoslavi, che avevamo sostituito soltanto il ferito più grave, l’ala destra Petkovic, hanno denunciato la lunga fatica; sorpresi prima dall’inizio travolgente dei nostri e scioccati poi dal gol di Riva al 13’ sono stati costretti ad attaccare in forcing contro una squadra che non chiedeva di meglio. Nella posizione di vantaggio, rinunciare al centro campo e chiudere gli spazi dai venticinque metri in giù per poi appoggiare su Mazzola o su Domenghini era per il nostro pacchetto difen­sivo quanto mai agevole, so­vente addirittura comodo.

Poi è arrivato ad esaltare la squadra italiana il gol, di Ana­stasi, assolutamente meravi­glioso, giusto premio alla bravura ed al coraggio di un ragazzo che stasera ha potu­to dimostrare le sue risorse di attaccante dotato dì tutto quanto occorre per emergere nel calcio moderno.

L'Italia ha giocato insomma come le nostre risorse sugge­riscono di giocare: natural­mente certe cose sono possi­bili quando l’apporto tecnico è sostanzioso, e netta occasio­ne il talento di De Sisti (stu­pendo per calma, discernimen­to, visione di gioco) e del bra­vissimo Mazzola ha completa­to il lavoro dei lottatori, ed ha integrato il movimento fre­netico delle due punte, Riva e Anastasi.

Respinti nei loro assalti, so­vente superati nelle nostre repliche offensive, sempre sul punto di veder aumentare il già pesante svantaggio, gli ju­goslavi hanno perduto la cal­ma e in tal frangente si è vi­sto che la squadra è giovane e quindi un poco ingenua nell'affrontare le situazioni più critiche.

Stasera i bianchi jugoslavi hanno anche picchiato più del lecito e non possono più imprecare all’arbitro, poiché il signor Ortiz de Mendibil è sta­to bravissimo e onesto: rara­mente si vede una direzione di gara così esemplare.

Dalla precisione dei passag­gi nelle fasi di gioco che van­no dalla interdizione alla co­struzione — come già accen­nato — è derivata all'Italia la possibilità d'imporre una propria azione, più efficace che corale, ma comunque la sola che oggi può consentire al nostro calcio di farsi rispet­tare da tutti. Un'azione che è nelle qualità naturali del foot­ball italiano, ma per realizza­re la quale sono indispensa­bili dei punti ben determinati. Per questo abbiamo sotto­lineato la parte recitata da De Sisti e da Mazzola, i quali hanno aumentato il volume tecnico del complesso taglian­do fuori gli avversali come gli avversari avevano fatto nei nostri confronti quaran­tott'ore prima.

Il modesto De Sisti con una continuità di rendimento in­variata dal primo al novante­simo minuto, e Mazzola, più resistente di quanto si pensas­se, hanno nobilitato la squa­dra ponendola su livelli tecni­ci non inferiori a quelli dei tecnicissimi rivali. Diversa la impostazione di gioco delle due squadre in quanto diver­se sono le caratteristiche in­trinseche del calcio italiano e di quello jugoslavo: ma il sub­strato tecnico emerge indi­spensabile ovunque s'intenda puntare agli alti traguardi.

 Mazzola e De Sisti, benissi­mo: ma come non ricordare che gli altri nove azzurri han­no giocato impeccabilmente, disinvolti e lucidi quanto co­raggiosi?

Zoff ben protetto non ha a­vuto un lavoro di particolare difficoltà: ma il portiere che ci salvò contro l’URSS ha con­fermato le sue doti di scatto, di posizione, di presa. E’ real­mente un giocatore acquisito nei quadri azzurri.

Burgnich si è preso una grande rivincita: sabato scor­so Dijaic — che è stato la grande rivelazione di queste finali europee — lo aveva fat­to soffrire in tutti i modi. Era persino parso che Burgnich non fosse in grado di giocare, poiché oltre alla fatica aveva pure ricevuto brutte botte, ma Burgnich è un razza-Piave che non si arrende ed è riu­scito a cancellare praticamen­te il solo giocatore jugoslavo che sa sempre trovare il guiz­zo del gol.

Un capitolo a parte merite­rebbe Facchetti, il quale con Domenghini è stato il giocato­re più continuo nell’arco delle tre partite. Facchetti, in condizione fisica stupenda ha tro­vato la concentrazione neces­saria per comprendere ciò che deve fare un difensore-propul­sore della sua statura: innan­zitutto assicurare l’apporto di­fensivo e poi appoggiare le i­niziative d’attacco. Facchetti ha giocato alla perfezione co­me alla perfezione aveva gio­cato nella quattro ore prece­denti.

Felicissimo il rientro di Ro­sato, la cui freschezza fisica è stata, specie all'inizio, una delle molle del successo az­zurro. Il fatto di essere an­dati in vantaggio dopo solo tredici minuti e la conseguen­te impostazione dì gara sulla copertura e sul contropiede, ha favorito le attitudini di Ro­sato il quale ha collaborato con tempestività e grinta al­l’opera della retroguardia.

Pure Guarneri si è giovato della situazione che la no­stra squadra era riuscita a determinare con la sua ag­gressività iniziale. Proiettata in massa all’attacco, la Jugo­slavia non ha concesso a Musemic la possibilità di vagare com’è nelle sue abitudini. E poiché i bianchi tentavano so­luzioni con lunghi lanci alti, Guarneri ha potuto imporre la sua bravura nell’elevazio­ne. Al resto ha pensato Salvadore, un Salvadore che so­gnava da mesi il rientro e che ha palesata, anche nel ruolo di libero che non occu­pava se non saltuariamente, l’impeccabile tempismo, la prontezza di intervento e tutte le malizie del mestiere che occorrono al libero difen­sivo.

Passando a parlare di Do­menghini non troviamo agget­tivi. «Domingo» è stato, co­me già detto, con Facchetti, il giocatore più potente della squadra azzurra in questa competizione. Ormai era allo stremo delle forze, ma ha an­cora aiutato, quando era ne­cessario, il centrocampo e si è ancora prodotto in numeri di grande potenza. Un gioca­tore sgraziato, dicono; ma un giocatore, Domenghini, che veramente ricorda i campioni del passato, quelli che gettavano il cuore oltre l’ostacelo.

Luigi Riva non è parso un convalescente. Per tutto il primo tempo è anzi risultato l’ariete possente, l’attaccante giustamente giudicato più pericoloso del calcio europeo. Sbloccando il risultato, creando il panico nella difesa jugoslava, Riva, è trionfalmente tornato al posto che gli spetta. A completare l’azione d Riva è stato Anastasi, un centravanti che ha il guizzo, l’ispirazione e che, pur giocando con un altruismo raro, ha anche la potenza per risolvere direttamente a rete. Il gol di Anastasi, ripetiamo, è stata una cosa che ha mandato in visibilio la meravigliosa folla romana.

Rendiamo omaggio alla squadra jugoslava battuta. In fondo la Jugoslavia sabato se­ra aveva già vinto e quindi un pezzetto di titolo dobbia­mo concederglielo. Probabil­mente Mitic, non ha avuto il cuore di cambiare alcuni ele­menti molto provati e conse­guentemente ha concesso agli azzurri il vantaggio di una maggiore freschezza. Il portie­re Pantelic è stato comunque grande anche in quest'ultima partita nonostante la meno­mazione fisica che lamentava; ma i terzini e il libero Hol- cer hanno trovato difficoltà che precedentemente non ave­vano dovuto affrontare. Cancellato Dzajic, la Jugosla­via non ha più trovato un ri­solutore e quindi le rabbiose puntate di Trivic non sono servite a nulla: nelle conclu­sioni da lontano i jugoslavi sono stati imprecisi e batte­re a rete da vicino stasera era praticamente impossibile. Co­munque sulla realtà di questa giovane squadra jugoslava oc­correrà tornare. Questo trionfo gli azzurri lo hanno conquistato anche con le sofferenze delle due partita precedenti; per questo voglia­mo ricordare anche gli atleti che non hanno avuto la gioia di partecipare all'impresa fi­nale. Mai come in questa oc­casione i giocatori italiani hanno dimostrato coraggio e spirito dì corpo. Sono state queste virtù che ci hanno con­cesso di arrivare alla “bella” di questa sera. E infine è arri­vato anche il gioco.