12/06/2020
Tuttosport
Il racconto della gara da Tuttoport dell’11 giugno 1968 attraverso l’editoriale di Giglio PanzaL’Editoriale di Giglio Panza
Uomini e gioco giusti al momento giusto
Gli azzurri hanno conquistato stasera il titolo europeo con una strepitosa prestazione, assolutamente inimmaginabile, impostando un gioco di squadra di rara efficacia. All'ultimo momento dal cappello dei selezionatori è saltata fuori una formazione che sarebbe apparsa logica anche prima, se non che ufficialmente risultava non realizzabile in quanto Riva veniva dichiarato non idoneo, Mazzola giudicato non fisicamente capace di reggere lo sforzo, e via dicendo.
Viceversa Riva è stato il decisivo uomo di sfondamento, come lo era stato a Berna ed a Cagliari, e MazzoIa, felicissimo nella scelta della posizione, ha illuminato le nostre puntate offensive con lanci perfetti, offrendosi pure al disimpegno dei compagni. Mazzola, in realtà, ha precisato qual è il suo vero ruolo e forse ha dato pure una mano al dott. Foni nella chiarificazione dei problemi interisti.
Il resto lo ha fatto la freschezza atletica: Salvadore, Rosato e De Sisti hanno dato un aiuto determinante ai reduci delle quattro ore di gioco precedenti, tanto da rinfrancare, ad esempio, il Burgnich sfinito trasformandolo nuovamente nel difensore di cura implacabile in grado di concedere poco al fortissimo Dzajic. Quanto a Facchetti nelle tre gare era stato sempre perfetto e perfetto è stato pure in quest’ultima occasione.
Gli jugoslavi, che avevamo sostituito soltanto il ferito più grave, l’ala destra Petkovic, hanno denunciato la lunga fatica; sorpresi prima dall’inizio travolgente dei nostri e scioccati poi dal gol di Riva al 13’ sono stati costretti ad attaccare in forcing contro una squadra che non chiedeva di meglio. Nella posizione di vantaggio, rinunciare al centro campo e chiudere gli spazi dai venticinque metri in giù per poi appoggiare su Mazzola o su Domenghini era per il nostro pacchetto difensivo quanto mai agevole, sovente addirittura comodo.
Poi è arrivato ad esaltare la squadra italiana il gol, di Anastasi, assolutamente meraviglioso, giusto premio alla bravura ed al coraggio di un ragazzo che stasera ha potuto dimostrare le sue risorse di attaccante dotato dì tutto quanto occorre per emergere nel calcio moderno.
L'Italia ha giocato insomma come le nostre risorse suggeriscono di giocare: naturalmente certe cose sono possibili quando l’apporto tecnico è sostanzioso, e netta occasione il talento di De Sisti (stupendo per calma, discernimento, visione di gioco) e del bravissimo Mazzola ha completato il lavoro dei lottatori, ed ha integrato il movimento frenetico delle due punte, Riva e Anastasi.
Respinti nei loro assalti, sovente superati nelle nostre repliche offensive, sempre sul punto di veder aumentare il già pesante svantaggio, gli jugoslavi hanno perduto la calma e in tal frangente si è visto che la squadra è giovane e quindi un poco ingenua nell'affrontare le situazioni più critiche.
Stasera i bianchi jugoslavi hanno anche picchiato più del lecito e non possono più imprecare all’arbitro, poiché il signor Ortiz de Mendibil è stato bravissimo e onesto: raramente si vede una direzione di gara così esemplare.
Dalla precisione dei passaggi nelle fasi di gioco che vanno dalla interdizione alla costruzione — come già accennato — è derivata all'Italia la possibilità d'imporre una propria azione, più efficace che corale, ma comunque la sola che oggi può consentire al nostro calcio di farsi rispettare da tutti. Un'azione che è nelle qualità naturali del football italiano, ma per realizzare la quale sono indispensabili dei punti ben determinati. Per questo abbiamo sottolineato la parte recitata da De Sisti e da Mazzola, i quali hanno aumentato il volume tecnico del complesso tagliando fuori gli avversali come gli avversari avevano fatto nei nostri confronti quarantott'ore prima.
Il modesto De Sisti con una continuità di rendimento invariata dal primo al novantesimo minuto, e Mazzola, più resistente di quanto si pensasse, hanno nobilitato la squadra ponendola su livelli tecnici non inferiori a quelli dei tecnicissimi rivali. Diversa la impostazione di gioco delle due squadre in quanto diverse sono le caratteristiche intrinseche del calcio italiano e di quello jugoslavo: ma il substrato tecnico emerge indispensabile ovunque s'intenda puntare agli alti traguardi.
Mazzola e De Sisti, benissimo: ma come non ricordare che gli altri nove azzurri hanno giocato impeccabilmente, disinvolti e lucidi quanto coraggiosi?
Zoff ben protetto non ha avuto un lavoro di particolare difficoltà: ma il portiere che ci salvò contro l’URSS ha confermato le sue doti di scatto, di posizione, di presa. E’ realmente un giocatore acquisito nei quadri azzurri.
Burgnich si è preso una grande rivincita: sabato scorso Dijaic — che è stato la grande rivelazione di queste finali europee — lo aveva fatto soffrire in tutti i modi. Era persino parso che Burgnich non fosse in grado di giocare, poiché oltre alla fatica aveva pure ricevuto brutte botte, ma Burgnich è un razza-Piave che non si arrende ed è riuscito a cancellare praticamente il solo giocatore jugoslavo che sa sempre trovare il guizzo del gol.
Un capitolo a parte meriterebbe Facchetti, il quale con Domenghini è stato il giocatore più continuo nell’arco delle tre partite. Facchetti, in condizione fisica stupenda ha trovato la concentrazione necessaria per comprendere ciò che deve fare un difensore-propulsore della sua statura: innanzitutto assicurare l’apporto difensivo e poi appoggiare le iniziative d’attacco. Facchetti ha giocato alla perfezione come alla perfezione aveva giocato nella quattro ore precedenti.
Felicissimo il rientro di Rosato, la cui freschezza fisica è stata, specie all'inizio, una delle molle del successo azzurro. Il fatto di essere andati in vantaggio dopo solo tredici minuti e la conseguente impostazione dì gara sulla copertura e sul contropiede, ha favorito le attitudini di Rosato il quale ha collaborato con tempestività e grinta all’opera della retroguardia.
Pure Guarneri si è giovato della situazione che la nostra squadra era riuscita a determinare con la sua aggressività iniziale. Proiettata in massa all’attacco, la Jugoslavia non ha concesso a Musemic la possibilità di vagare com’è nelle sue abitudini. E poiché i bianchi tentavano soluzioni con lunghi lanci alti, Guarneri ha potuto imporre la sua bravura nell’elevazione. Al resto ha pensato Salvadore, un Salvadore che sognava da mesi il rientro e che ha palesata, anche nel ruolo di libero che non occupava se non saltuariamente, l’impeccabile tempismo, la prontezza di intervento e tutte le malizie del mestiere che occorrono al libero difensivo.
Passando a parlare di Domenghini non troviamo aggettivi. «Domingo» è stato, come già detto, con Facchetti, il giocatore più potente della squadra azzurra in questa competizione. Ormai era allo stremo delle forze, ma ha ancora aiutato, quando era necessario, il centrocampo e si è ancora prodotto in numeri di grande potenza. Un giocatore sgraziato, dicono; ma un giocatore, Domenghini, che veramente ricorda i campioni del passato, quelli che gettavano il cuore oltre l’ostacelo.
Luigi Riva non è parso un convalescente. Per tutto il primo tempo è anzi risultato l’ariete possente, l’attaccante giustamente giudicato più pericoloso del calcio europeo. Sbloccando il risultato, creando il panico nella difesa jugoslava, Riva, è trionfalmente tornato al posto che gli spetta. A completare l’azione d Riva è stato Anastasi, un centravanti che ha il guizzo, l’ispirazione e che, pur giocando con un altruismo raro, ha anche la potenza per risolvere direttamente a rete. Il gol di Anastasi, ripetiamo, è stata una cosa che ha mandato in visibilio la meravigliosa folla romana.
Rendiamo omaggio alla squadra jugoslava battuta. In fondo la Jugoslavia sabato sera aveva già vinto e quindi un pezzetto di titolo dobbiamo concederglielo. Probabilmente Mitic, non ha avuto il cuore di cambiare alcuni elementi molto provati e conseguentemente ha concesso agli azzurri il vantaggio di una maggiore freschezza. Il portiere Pantelic è stato comunque grande anche in quest'ultima partita nonostante la menomazione fisica che lamentava; ma i terzini e il libero Hol- cer hanno trovato difficoltà che precedentemente non avevano dovuto affrontare. Cancellato Dzajic, la Jugoslavia non ha più trovato un risolutore e quindi le rabbiose puntate di Trivic non sono servite a nulla: nelle conclusioni da lontano i jugoslavi sono stati imprecisi e battere a rete da vicino stasera era praticamente impossibile. Comunque sulla realtà di questa giovane squadra jugoslava occorrerà tornare. Questo trionfo gli azzurri lo hanno conquistato anche con le sofferenze delle due partita precedenti; per questo vogliamo ricordare anche gli atleti che non hanno avuto la gioia di partecipare all'impresa finale. Mai come in questa occasione i giocatori italiani hanno dimostrato coraggio e spirito dì corpo. Sono state queste virtù che ci hanno concesso di arrivare alla “bella” di questa sera. E infine è arrivato anche il gioco.